Mone Monè si racconta. Non riesco a vedere il mio futuro, forse è meglio così

Mone Monè si racconta. La strada, palcoscenico della vita.

Mone Monè è un artista di strada, ha 28 anni, in realtà si chiama Simone Tuosto. Ha scelto di esibirsi su palcoscenici senza pubblico pagante, le scenografie dei suoi spettacoli sono le piazze, le vie, i giardini, d’estate e d’inverno. Simone ha iniziato a studiare l’arte di strada e ad esibirsi tredici anni fa, e non ha più smesso, assieme alla sua associazione di artisti “Equipe Querelle”. Il suo futuro non è scritto, forse è meglio così.

 

Perché hai scelto l’arte di strada per esprimerti?
«Non ho scelto, tutto è iniziato per gioco. In seguito , il gioco si è fatto più serio, dopo che sono arrivati riscontri personali ed economici. Ho continuato a studiare e approfondire l’arte di strada, ora mi ritrovo a fare questo».

Dove hai imparato?
«Nei festival, nei raduni, per strada. L’esperienza e la tecnica si acquisiscono in strada, dove ci si rapporta col pubblico».

L’arte di strada potrebbe essere un buon lavoro, dati i tempi?
« Consiglio questo lavoro a tutti, sebbene ritenga che ogni lavoro sia buono, l’importante è che si lavori. Il mondo dell’industria è in crisi, i giovani potrebbero riprendere i mestieri manuali, contare su se stessi e andare avanti, per giungere ad una svolta».

Cosa ti da l’arte di strada?
A livello personale, questo lavoro arricchisce l’anima. Ricevere un complimento o soltanto una caramella da un bambino, mi fa sentire importante.

Qual è il tuo pubblico ideale?
«Qualsiasi persona si diverta nel vedermi, senza limiti di età».

Il tuo impegno è sempre apprezzato?
«Ci sono tanti spettacoli in cui sono fiero di aver chiuso il numero in modo particolare, se dal pubblico ho un buon riscontro, sento la cosiddetta “energia di rimbalzo”, ricevuta dagli spettatori. Però ci sono spettacoli in cui non si riesce ad entrare nella psicologia del pubblico. L’arte di strada è un’arma a doppio taglio».

Perché è un’arma a doppio taglio?
«Perché il pubblico che paga un biglietto per il teatro o circo è meglio predisposto, perché sa a cosa andrà incontro, e l’attore è tutelato. Invece, nell’arte di strada tutto ciò non esiste, dato che il pubblico è composto da passanti, che non si aspettano di trovare sulla propria strada uno spettacolo».

Ti esibisci soltanto a Barletta?
«No, mi sono esibito in tutta Italia e in Francia. Viaggiando, ho visto cose che mi hanno dato spunti e idee».

Perché utilizzi la musica, durante i tuoi spettacoli?
«Perché la musica è arte di strada, con cui posso fare capire tante cose, come ad esempio il romanticismo, la gentilezza. Fare ascoltare musica durante uno spettacolo è come aprire una porta per entrare in casa».

Cosa farai in futuro?
«Non lo so. Sicuramente, continuerò ad esibirmi, creando nuovi personaggi. Non riesco a vedere il mio futuro, forse è meglio così, vorrà dire che mi dovrò evolvere. All’istituto d’arte, il mio professore di disegno diceva:”Se un artista vede la propria opera perfetta, non deve ripeterla”»